TERAPIA DELL IPERTENSIONE: ALLHAT o THAT’S ALL?
Dopo sei anni dalla presentazione del disegno dell’ “Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT)”, nel 2002 sono stati pubblicati i risultati dello studio.
Le conclusioni sono state categoriche: “I diuretici tiazidici sono superiori nel prevenire una o più forme maggiori della malattia cardiovascolare” e questi farmaci “dovrebbero essere preferiti come farmaci di prima linea nella terapia antiipertensiva”.
La risonanza è stata tale da influenzare pesantemente la stesura del settimo Report della Joint National Committee on Prevention, Detection, Evaluation and Treatment of High Blood Pressure (JNC-7), forse anche perchè più della metà degli autori del documento erano investigatori dell’ALLHAT.
In Europa la reazione alla pubblicazione dei risultati è stata quantomeno di perplessità anche perchè ad una attenta lettura del trial appaiono evidenti alcuni punti deboli che rendono le dichiarazioni conclusive un po’ meno “conclusive”.
Innanzi tutto l’end-point primario dello studio (ovvero l’obiettivo che si erano proposti i ricercatori) cioè la combinazione di malattia coronarica fatale e infarto non fatale è stato identico per i gruppi trattati con lisinopril, amlodipina e clortalidone. Anche la mortalità totale non è stata differente nei tre gruppi.
Per quanto riguarda l’interpretazione degli end-points secondari alcuni aspetti appaiono rilevanti:
– Più di un terzo dei pazienti erano diabetici all’inizio dello studio e circa un 10% lo hanno sviluppato durante lo studio. Il rischio di diabete è stato differente nei tre gruppi, in particolare i pazienti trattati con clortalidone avevano un rischio dal 43% al 65% maggiore rispetto ai pazienti che hanno ricevuto lisinopril e dal 18% al 30% più alto rispetto al gruppo trattato con amlodipina.
– Sebbene gli autori dello studio abbiano fatto notare queste differenze non si sono tradotte in un aumento degli eventi cardiovascolari, va detto che difficilmente una complicanza del diabete di nuova diagnosi si manifesta nell’arco di 6 anni (durata del follw-up).
– Nello studio ALLHAT, il clortalidone ha ridotto l’incidenza di stroke di circa il 15% rispetto al lisinopril. Questo effetto però non si osserva se si tolgono dall’analisi statistica gli afro-americani (che rappresentano il 35% della popolazione studiata) per i quali si è avuto il 40% in più di eventi cerebrovascolari nel gruppo trattato con lisinopril. Bisogna però notare che questo gruppo di pazienti ha presentato una discrepanza di 4 mmHg in più rispetto alla pressione sistolica nel gruppo assegnato al lisinopril rispetto al gruppo trattato con clortalidone, inoltre la maggioranza dei pazienti che necessitavano di una terapia combinata assumevano ACE-inibitore e b-bloccante, farmaci che hanno una azione neuro-ormonale simile, non rappresentando un beneficio additivo rispetto a farmaci complementari.
– La mortalità è il più importante end-point secondario dello studio ALLHAT.
– Rispetto al gruppo trattato con clortalidone, la mortalità per ogni causa è stata identica nel gruppo trattato con lisinopril e più bassa del 4% nel gruppo trattato con amlodipina. Nei non afro-americani la mortalità è stata minore del 3% nel gruppo del lisinopril e 6% in quello dell’amlodipina.
Dobbiamo inoltre sottolineare che in questo studio la maggioranza dei pazienti assumevano già una terapia antiipertensiva e questa non è stata interrotta fino all’inizio dello studio tanto che la pressione arteriosa allo baseline era 146/84 mm Hg. Solo il 14% dei soggetti avevano valori di pressione sistolica > 160 mm Hg, quindi l’applicabilità di questi risultati nei pazienti con ipertensione sistolica isolata è quantomeno dubbia.
In conclusione i risultati dello studio ALLHAT devono essere attentamente valutati prima di trasportare le indicazioni degli autori nella pratica clinica.
Lo studio ALLHAT rimane comunque un trial importante nello studio della terapia antiipertensiva dimostrando che lisinopril, amlodipina e clortalidone hanno effetti simili sulla malattia coronarica e sulla mortalità per ogni causa in pazienti ipertesi.
A corollario di questo commento, visto l’impatto che lo studio ALLHAT ha avuto sulle linee guida americane per il trattamento dell’ipertensione, ricordiamo la recente pubblicazione (Feb. 2003) dei risultati del Second Australian National Blood Pressure Study Group (ANBP 2) in cui sono stati confrontati due gruppi di pazienti anziani (da 65 a 84 anni) con pressione sistolica > 160 mmHg o pressione diastolica > 90 mmHg al reclutamento trattati rispettivamente con diuretici tiazidici o con ACE-inibitori come trattamento iniziale. I gruppi sono risultati essere estremamente omogenei rispetto a tutte le caratteristiche antropometriche e cliniche e, soprattutto, rispetto alla riduzione dei valori pressori ottenuti con le diverse terapie. Dopo un follow-up medio di 4 anni il gruppo trattato con ACE-inibitori come terapia iniziale ha mostrato risultati migliori sia per quanto riguarda l’end point primario (eventi cardiovascolari o morte per ogni causa) soprattutto negli uomini, sia per quanto riguarda un primo evento cardiovascolare che per l’infarto del miocardio, confermando così risultati di altri trials precedentemente pubblicati (STOP2, CAPPP, UKPDS).
A Cura di: Enrico Carmenini, Dirigente di Medicina Interna. Ospedale G.Vannini, Roma.
Fonti Bibliografiche:
– Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial Collaborative Research Group.
– Diuretic versus alpha-blocker as first-step antihypertensive therapy: final results from the Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT).
Hypertension. 2003 Sep;42(3):239-46.
– ALLHAT Officers and Coordinators for the ALLHAT Collaborative Research Group. The Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial
– Major outcomes in high-risk hypertensive patients randomized to angiotensin-converting enzyme inhibitor or calcium channel blocker vs diuretic: The Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT).
JAMA. 2002 Dec 18;288(23):2981-97.