Pensieri: storie e sentimenti di “Grandi” Vecchi
- Papa Giovanni Paolo II
- Compay Segundo
- Johnny Lee Hooker
- Henri Matisse
- Peppino Prisco
- Filippo Milazzotto
I perché nella suggestione sono la memoria di una esperienza
Per una grazia del tutto immeritata ero presente in Piazza San Pietro la sera del 2 aprile. Smontavo dal servizio di guardia in Ospedale. Mia moglie Rosangela mi aveva raggiunto al cancello del San Camillo. Avevamo appuntamento insieme ad altri amici vicino al fontanone di sinistra.
Alle 21 èiniziato il Rosario. Alla fine di ogni decina veniva intonato un canto (penso antico) che affidava il romano pontefice allo sguardo amoroso di Maria. Il silenzio era completo.
Questa è la grazia che ci è stata donata: Rosangela ed io eravamo testimoni della Presenza di tutto l’Infinito, dell’attesa di tutto l’universo, del prima e del dopo, della tensione terribile del cosmo, tutto rivolto verso quel grumo di tempo e di spazio. Noi infinitamente poveri, ma così infinitamente amati, eravamo lì, scelti da prima del tempo, a stare lì. Maria! Maria! quante volte il Santo Padre l’aveva invocata e la Madonna, bella come non mai, dolce come può essere dolce una mamma, era lì con le mani tese, penso, verso le mani tese del nostro Papa.
Mentre finiva il Rosario, lo spegnersi delle luci dell’infermeria e l’accendersi della terza finestra vicino alle due già accese dello studio, divennero il segno. Non era stato ancora dato l’annuncio e tutti avevamo capito che il Papa “entrava nella casa del Signore”.
Dopo qualche istante di silenzio ci fu uno scroscio di applausi. Le lacrime scorrevano, ma erano lacrime di infinita gioia, di infinita pace. Il nostro Papa, il nostro papà, l’amico di sempre entrava nel Cielo e con lui entravamo anche noi. Vivo, vivo, come erano vivi Gesù e Maria insieme con lui, tutti vivi, con mio padre, il papà di Rosangela. Noi eravamo i testimoni di questo incontro!
Ancora applausi e canti dei ragazzi.
Una gioia infinita, perchè veramente il grande sconfitto era proprio il male. Abbiamo vissuto la morte della morte!
Alle 22 e 40 è iniziata una nuova recita del Rosario. Per tutto il tempo del Rosario, per mezz’ora, il Campanone di San Pietro ha suonato a morto. Che indicibile percezione! Sembrava che in quel suono tutto l’universo, tutta la Realtà pregasse con e per noi.
Siamo rimasti così, stretti l’uno all’altro, senza poter dire una parola perchè nessuna parola poteva esprimere quanto il cuore viveva.
Verso le undici e mezza siamo tornati a casa.
Ho voluto parteciparvi questa mia esperienza. La suggestione non è scivolata via come le mille suggestioni di ogni giorno. Stretta nel’abbraccio vivente del Senso della Vita, quella emozione è diventata memoria di certezza.
A cura di Angelo Chiantera, I UO di Cardiologia, Ospedale S.Camillo, Roma.
Compay Segundo
Il 14 Luglio 2003 è morto per insufficienza renale, all’età di 95 anni, nella sua casa dell’Havana il grande musicista cubano Francisco Repilado Munoz, conosciuto da tutti come Compay Segundo.
Nato il 18 Novembre 1907, ha vissuto una vita dai toni romanzeschi e suonato dal vivo in concerti in tutto il mondo fino a oltre i 90 anni. Animatore, insieme ai suoi amici, tra i quali spicca il chitarrista Eliades Ochoa, del Buena Vista Social Clube, ha dedicato tutta la sua esperienza artistica alla “salsa”.
Il suo stile musicale rivoluzionario ha contribuito largamente a diffondere la musica del suo paese in tutto il mondo, in particolare in seguito al suo sodalizio culturale con il chitarrista statunitense Ray Cooder e con il regista tedesco Wim Wenders.
Dopo una cerimonia pubblica tenutasi all’Havana, le spoglie sono state portate nella città natale Santiago di Cuba.
A cura di Giovanni Pulignano,I UO di Cardiologia, Ospedale S.Camillo, Roma
John Lee Hooker
Scomparso all’età di 83 anni, John Lee Hooker, è stato uno dei maggiori interpreti del Blues. Nella notte tra il 21 e 22 giugno 2001, nella sua casa alla periferia di San Francisco ha chiuso gli occhi per sempre, nel sonno.
Nato a Clarksdale, Mississippi in una data imprecisata tra il 1915 e il 1920, (anche se il 22 Agosto 1917 era quella ufficiale) imparò a suonare la chitarra dal patrigno Willie Moore, con cui la madre Minnie si era risposata dopo il divorzio dal mezzadro e predicatore William Hooker.
La principale influenza musicale dell’infanzia di Hooker fu prima il canto spirituale da chiesa, e poi, il blues.
All’età di quindici anni fuggì di casa e andò a Memphis, più tardi si trasferì a Detroit, e trovò inizialmente lavoro nell’industria automobilistica.
Iniziò a esibirsi nei locali, suscitando l’attenzione di un produttore discografico che propose alcune registrazioni alla Modern (una delle case discografiche indipendenti del tempo): una delle prime incisioni, Boogie Chillen, incisa nel novembre del ’48, vendette milioni di copie e divenne n.1 nelle classifiche della musica nera l’anno successivo.
Adottò uno stile blues scarno ed essenziale, ispirato per certi versi a quello degli artisti del Delta blues del Mississipi degli anni ’20, ma segnato dal personalissimo uso della ?chitarra elettrica. Il suo tipico sound fu definito urban blues, e trova il suo apice in Boom Boom che, Hooker interpretò in un cameo in veste di artista di strada nel film di John Landis, “The Blues Brothers “(1980).
Ha influenzato generazioni di artisti, neri e bianchi, ma ha sempre mantenuto immutato il suo stile ruvido, il suo aspetto, la sua chitarra.
Come molti artisti della sua epoca ha vissuto la vita al massimo, fumatore e bevitore e con una irresistibile passione per il gentil sesso, respirando il blues fino all’ultimo soffio di vita.
A cura di Giovanni Pulignano,I UO di Cardiologia, Ospedale S.Camillo, Roma.
Henry Matisse
Il pittore e scultore francese Henry Matisse nacque a Le Caveau-Cambresis nel 1869 e morì a Cimiez, Nizza nel 1954. È stato il rappresentante più noto del fauvismo. Il movimento dei Fauves è il contributo francese alla nascita dell’espressionismo.
Visse durante uno dei periodi più densi di eventi tragici della nostra storia.
Eppure, nella sua opera, non vi è traccia dell’alienazione, della sofferenza, delle contraddizioni della nostra era: i suoi dipinti sono un mondo a parte, in cui si trova sollievo, pace, rifugio, calma, serenità, colore e luce.
La sua formazione iniziale avvenne a Parigi, dal 1895 al 1899 nello studio di Gustave Moreau, studiando i lavori di Manet e di Cezanne e, risentendo delle esperienze dell’impressionismo.
In questi anni, dal suo studio approfondito dell’arte neo-impressionista e dalla scoperta dell’arte africana e asiatica, nacque la “pittura pura dei fauves”, nuova corrente di cui Matisse è massimo interprete.
Tra le opere più importanti si ricordano il “Nudo blu” del 1907, “La danza” del 1908 e “La danza e la musica” del 1910. Della sua produzione negli anni Venti è famosa la serie delle “Odalische”.
Negli stessi anni l’artista si cimentò anche nel campo della scenografia, del disegno e dell’incisione; negli anni Trenta produsse arazzi.
Numerose anche le opere di scultura in bronzo. Nel 1949 ritorna definitivamente a Nizza. Proprio in questo periodo ha luogo quel processo di semplificazione della rappresentazione e di riduzione a principi ornamentali, testimoniato dai “papiers découpés” degli anni ’50, simbolo della sua straordinaria produzione artistica anche in età avanzata.
A cura di Donatella Del Sindaco, UO di Cardiologia, IRCCS INRCA, Roma
Peppino Prisco: Pazzo per l’Inter
Giuseppe Prisco, noto come Peppino Prisco, nasce a Milano il 10 dicembre 1921 da origini napoletane.
A diciotto anni si arruola negli Alpini e durante la Seconda Guerra Mondiale combatte sul Fronte Russo come ufficiale della Julia. Partecipa alla campagna di Russia e sarà uno dei 3 superstiti su 53 ufficiali. Decorato con la Medaglia d’argento al valore militare, dalla fine della guerra sarà per lui sempre cara la periodica adunata delle “penne nere”.
Nel 1944 si laurea in Giurisprudenza . Sposato con Maria Irene, da lei ha due figli: Luigi Maria e Anna Maria.
Principe del Foro di Milano, è stato a lungo uno dei più noti avvocati penalisti; per anni è stato presidente dell’Ordine degli Avvocati milanese. Ma il grande pubblico lo ricorda soprattutto per esser stato uno dei più grandi ed emblematici tifosi interisti. Il suo nome è legato alla società calcistica nerazzurra dal 1963, anno in cui ne diventava vicepresidente. Da dirigente dell’Inter ha vinto tutto: otto scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre Coppe Uefa, due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana.
In oltre mezzo secolo di vita societaria Peppino Prisco, con brillante e intelligente cultura, e con frizzante ironia, è stato al fianco di cinque diversi presidenti: da Carlo Rinaldo Masseroni (“Guidava la società come un padre di famiglia, divenni segretario nonostante la sua diffidenza”) ad Angelo Moratti (“Mi incaricò di fare il portavoce nei dopo-partita perchè era stufo di pagare le multe di Herrera”), da Ivanoe Fraizzoli (“Un vero amico, in tribuna, avevamo i posti vicini, peccato non abbia avuto i trionfi che meritava”) a Ernesto Pellegrini (“Mi onorava di considerarmi un fratello maggiore”), fino a Massimo Moratti (“L’erede legittimo alla presidenza”).
Nel 1993 pubblica il libro “Pazzo per l’Inter. Un sogno lungo 62 anni”. Il 12 dicembre 2001, due giorni dopo la sua ultima apparizione televisiva, alle 4 del mattino, muore a Milano a causa di un infarto. Nel 2004 per rendere omaggio alla memoria dell’avvocato, l’Inter ha organizzato la I edizione del Premio Letterario “Peppino Prisco”, dal cui brano vincitore è stata tratta ispirazione per la campagna abbonamenti 2005/06.
Dotato di pungente spirito satirico, tra le sue battute famose ricordiamo :
“Dopo aver stretto la mano a un milanista corro a lavarmela. Dopo averla stretta ad uno juventino, mi conto le dita”
” La gioia più grande? Scontata. Il Milan in B. E per ben due volte: una… a pagamento e una… gratis. Sono dell’idea che una retrocessione cancelli almeno cinque scudetti conquistati e che la vittoria di una Mitropa Cup elimini i residui.”
“Prima di morire diventerò milanista, così dopo avranno un tifoso in meno ”
Bibliografia: Pazzo per l’Inter. Un sogno lungo 62 anni, Baldini Castoldi editore, 1993 ultimo aggiornamento: 06/07/2007
A cura di Giovanni Pulignano,I UO di Cardiologia, Ospedale S.Camillo, Roma.
Filippo Milazzotto
Il Prof. Filippo Milazzotto, Primario Cardiologo emerito dell’Ospedale S.Camillo di Roma, ci ha lasciati un giorno di novembre del 2003.
Ha rappresentato, con la sua opera scientifica e medica, un pioniere che ha sempre seguito in parallelo tutto lo sviluppo della Cardiologia italiana e internazionale, il suo distacco dalla grande radice della medicina intema e la sua progressiva affermazione, fino alle conquiste dei nostri giorni.
Formatosi alla grande scuola cardiologica ospedaliera romana di Vittorio Puddu e Vincenzo Masini, il Prof. Milazzotto è stato, per molti anni, alla guida dell’Unità Coronarica del San Camillo, la prima a essere istituita in Italia, nella quale si sono successivamente formate molte generazioni di cardiologi- giovani e meno giovani- interessati allo studio e alla cura delle sindromi coronariche acute.
Curioso, sensibile alle innovazioni e dotato di grande spirito critico il Prof. Milazzotto ha seguito in prima linea le principali linee di ricerca sulla terapia delle sindromi coronariche acute, una per tutte lo studio GISSI, pietra miliare della cardiologia italiana e intemazionale, del cui Scientific Advisory Board il Prof. Milazzotto fece parte.
Nella sua Unità Coronarica al San Camillo sono stati inoltre intensivamente studiati i nitrati transdermici, i calcio-antagonisti, gli antiaritmici, i nuovi inotropi e i formaci ad azione metabolica, allo scopo di massimizzare quella protezione del miocardio ischemico che, insieme alla terapia fibrinolitica, costituiva la migliore terapia dell’infarto miocardico acuto.
Accanto all’interesse clinico e scientifico, il Prof. Milazzotto si è interessato appassionatamente di molti altri argomenti, fra i quali le basi della trasposizione della conoscenza scientifica nella pratica clinica, la “quantificazione” delle osservazioni cliniche (sulla scorta dei fondamentali lavori di A. Feinstein), l’analisi decisionale in medicina, la creazione di banche dati informatizzate (la prima della sua UTIC risale al 1983) e la filosofia della medicina. Quest’ultimo interesse, ampliatosi e approfonditosi negli anni, ha prodotto, oltre a numerosi scritti teorici, anche un simposio scientifico al Congresso Nazionale ANMCO e un progetto innovativo di “scienza medica e humanities” (il Laboratorio di Spoleto Scienza).
Chi ha avuto la fortuna di lavorare con lui non dimenticherà mai quell’aspetto umano del rapporto medico-paziente che dovrebbe essere sempre alla base della nostra professione, basato prima di tutto sul “sapere ascoltare” e poi sul “sapere parlare e comunicare” in modo efficace per giungere a un piano di cura veramente condiviso. La sua sensibilità nel mettersi in rapporto con il paziente ha arricchito la formazione di molti giovani cardiologi. Molti di noi infatti hanno appreso da lui questo modo di porsi accanto alla persona malata, che non viene purtroppo insegnato nelle Università .
Non gli mancava nemmeno una sottile e pungente vena satirica: sulla porta del suo studio in ospedale era appeso un cartello con la scritta: “Non sottovalutarti, ci pensiamo già noi”, facendo capire a chi entrava quanto fosse profonda la sua esperienza e conoscenza dei “meccanismi ospedalieri”.
La sua opera viene oggi continuata dai suoi allievi, molti dei quali lavorano nelle varie Unità Coronariche romane, sempre nello spirito di una medicina intesa come la più umana delle scienze o, come amava definirla, “una scienza dell’azione”.
A cura di Giovanni Pulignano,I UO di Cardiologia, Ospedale S.Camillo, Roma.